Relazioni Sociali – Tra sincronicità e volontà
di Marisa Grande
23 Maggio 2021
Nell’ambito della biofisica si tenderebbe ad estendere alla scala del visibile, umanità compresa, gli scenari quantistici che includono l’entanglement, ossia la proprietà del mondo sub-atomico che spinge due particelle elementari a muoversi con moto sincronico (legame energetico indicato da Schrödinger nel 1935)
Si osservano alcuni esseri viventi riuniti tra loro in modo che la collettività di distinti individui possa rispondere all’unisono come una singola unità (gli uccelli in stormo, o i pesci e altri animali in branco…le società umane)”.Link Sponsorizzato
Per giustificare tale sincronicità anche nell’uomo si parte dal rapporto simpatetico esistente tra due gemelli, dalla telepatia tra persone unite da affinità elettive, da reazioni simili di persone che rispondono all’unisono ai medesimi stimoli ambientali e sociali (fenomeni e atteggiamenti di massa).
I processi meccanici dell’entanglement applicata all’uomo presuppongono, però, la privazione della volontà ad agire indipendentemente dal gruppo e aprono problematiche inconciliabili con l’autonomia dei singoli individui, con la loro coscienza e con la loro consapevolezza, a meno che non si osservi il fenomeno come non solo strettamente fisico, ma anche metafisico, cioè orientato ad un finalismo teologico, per rispondere al richiamo di una Singolarità superiore che funge da unico “Grande Attrattore trascendente” di un Tutto universale.
(Marisa Grande, L’uno e il molteplice, Anxa, settembre-ottobre 2014).
Le conoscenze emerse in ambito biofisico aprono, tuttavia, prospettive rischiose proprio per l’umanità, in quanto espongono l’individuo al pericolo di essere considerato un numero all’interno di società viste come masse incolte da orientare verso determinate direzioni per mezzo di convincenti manipolazioni, orchestrate per i soli fini perseguiti da pochi individui emergenti.
Il mezzo per sfuggire a tali pericoli risiede nell’esercitare la volontà individuale, nello sviluppare un forte senso di responsabilità, nell’assumere atteggiamenti orientati ad azioni etiche corrette, in risposta a principi morali ampiamente condivisi
Per questo si rende necessaria la pratica di intrecciare pacifiche relazioni, fondamentali per assecondare la natura dell’uomo come “essere sociale”, poiché dalle relazioni che stabilisce con i propri simili e con tutti gli altri esseri che compongono il suo habitat ne deriva anche il benessere psicofisico individuale e sociale.
Una interazione non equilibrata tra individui all’interno delle società comporta da una parte uno stress emotivo individuale e collettivo, che si manifesta con forme di eccessi che sfociano in comportamenti violenti verso se stessi e verso gli altri e dall’altra in forme di insensibilità verso gli stimoli ambientali, che si manifestano con patologie di tipo depressivo.
L’equilibrio tra le due posizioni antitetiche che conducono agli eccessi comportamentali come l’estrema violenza (omicidi, lotte per noia, guerre…genocidi) o l’estrema apatia (depressione e insensibilità agli eventi naturali e sociali) non è facile da ripristinare, soprattutto se il disagio che è alla base è stato determinato da violenti e improvvisi traumi individuali e collettivi.
A seguito di stati di privazione di una corretta relazione sociale, con limitazione forzata di rapporti interpersonali e di naturali forme di contatto fisico necessarie a manifestare le affettività tra individui affini per natura o per deliberate scelte elettive, la psiche è sottoposta a condizioni innaturali, che producono stress e conseguenti comportamenti anomali.
In una società che sottopone gli individui a continuo stress fisico e psicofisico, non bilanciato da un corretto periodo di rilassamento, si creano stati alterati nel comportamento individuale e collettivo
In condizioni particolari in cui l’uomo avverte che ad essere in pericolo è l’intera umanità, come nei casi di pandemia, di modificazioni climatiche, di degrado ambientale irreversibile per catastrofi naturali e artificiali, la condizione di stress diventa diffusa e la sensazione di pericolo diviene costante, così che i recettori nervosi preposti alla percezione sono sempre sottoposti ad uno stato continuo di allerta, a scapito del controbilanciante stato di rilassamento.
Se non subentra nell’individuo la condizione di equilibrio necessario a gestire tale stress, si rischiano reazioni inconsulte rispetto a stimoli ambientali anche minimi, pur insignificanti nell’economia della gestione del grande pericolo. Si va dall’equivoco più immediato di associare in modo immaginario alla causa che ha determinato lo stress qualsiasi aspetto ritenuto anomalo (fino a sviluppare manie di persecuzione) a quello più lento che determina il distanziamento psicologico da qualsiasi problematica, fino a condurre a un totale allontanamento dalle normali attenzioni da prestare agli aspetti reali e all’allentamento dell’attenzione e della prudenza necessarie ad arginare qualsiasi stato di emergenza reale.
Tale disequilibrio individuale, causato dall’impossibilità di gestire con realismo e con senso di responsabilità le altalenanti oscillazioni tra i due estremi comportamentali (stress e rilassamento) si ripercuote anche su una equilibrata gestione dei rapporti dell’intera umanità e mina l’integrità del corretto andamento delle naturali relazioni intercorrenti tra tutti gli esseri.
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