Marisa Grande: Megalitismo – parte II

 

Alla scoperta del Salento: il megalitismo, le molteplici funzioni

di Marisa Grande

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Funzione primaria e valore simbolico-sacrale attribuito alle pietre

Abbiamo visto che alla pietra, considerata figlia della madre terra, era stato attribuito un valore materiale, essendo ritenuta indispensabile per assicurare la sopravvivenza dei vivi, ma anche un valore immateriale poiché, essendo ritenuta materia incorruttibile e di lunga durata, era stata considerata già nel Pleistocene la più adatta a proteggere e a custodire i corpi dei defunti.

Questa prima funzione attribuita molto precocemente alle pietre fu ereditata anche da coloro che

nell’Olocene produssero monumenti di grandi dimensioni, quali dolmen isolati o multipli adatti ad accogliere i corpi dei progenitori.

La produzione di megaliti, tuttavia non limitata ai soli monumenti funerari, occupa un orizzonte culturale molto esteso nel tempo con esemplari prodotti anche in epoca storica, e nello spazio, avendo interessato le popolazioni di più continenti, fino a quelli dell’estremo Oriente e del Nuovo Mondo.

 Seconda funzione del megalitismo: organizzazione geodetica 

Con la fine della Glaciazione Würm si rese necessario attraversare ampie zone alluvionate, invase dalle acque prodotte dalla deglaciazione e cercare nuovi territori da abitare. Le distanze tra le terre emerse, dopo le devastanti inondazioni post-glaciali, richiedevano all’uomo capacità di orientamento in mare e in terra. Una volta raggiunto un approdo ritenuto adatto, era necessario approntare segnacoli specifici sui luoghi più elevati del territorio per comunicare con un linguaggio chiaro e forte l’avvenuto insediamento umano, per permettere l’osservazione a 360 gradi del paesaggio circostante e per poter garantire la protezione dell’intero territorio occupato.

I cumuli di pietre, le arcaiche specchie di mira elevate sulle alture parallele alle coste (molte sostituite poi in epoca storica da castelli e da torri di guardia) rappresentarono le prime opere strategicamente distribuite nei continenti euroasiatico e africano da quelle genti che utilizzarono le pietre per comunicare a distanza, ossia la materia prima più facile da rinvenire sulla terraferma.

 

Terza funzione del megalitismo: calcolo del tempo cosmico

Le vestigia megalitiche europee sono state fatte risalire, fino a tempi recenti, al V millennio a.C, secondo le datazioni rilevate dai manufatti rinvenuti all’interno dei monumenti e nel territorio circostante, non potendo fare riferimento alla datazione intrinseca della pietra.

Hanno generato sorpresa, perciò, le recenti scoperte di opere megalitiche molto più antiche di quelle ufficialmente datate fino a quel momento, in quanto la loro datazione è riferita alla fase post-glaciale. Sono grandi opere costruite sui luoghi rimasti emersi dopo che il livello del mare si era sollevato di 120 metri rispetto a quello relativamente stabile della fase arida determinata dal lungo periodo della Glaciazione Würm.

La scoperta del cosiddetto “calendario di Adamo”, ossia il monumento megalitico di Mpumalanga, in Sud-Africa, un circolo composto da menhir orientati sulla posizione della Cintura di Orione così come si presentava a quella latitudine nel 9.500 a.C, ha confermato che l’attenzione privilegiata di chi aveva elevato quei megaliti era rivolta non solo a calcolare il tempo scandito giornalmente dal Sole, ma anche quello millenario del susseguirsi delle ere.

Per quelle genti vissute durante la lunga fase post-glaciale, assumeva già importanza, tra le costellazioni, quella di Orione, che solo nel millennio XI a.C divenne il segnatempo dell’Olocene, la nuova era a clima temperato, che aveva definitivamente chiuso la lunga era glaciale del Pleistocene.

Le sorprendenti scoperte degli archeoastronomi

Già negli anni Novanta del XX secolo aveva scosso l’opinione pubblica la rivelazione di Robert Bauval e Adrian Gilbert relativa alla posizione delle tre grandi piramidi egizie, che riflettevano in terra le tre stelle della Cintura di Orione nella posizione in cui apparivano nel 10.450 a.C.

Secondo le scoperte fatte dal geologo J. A. West, la Sfinge egizia in origine aveva la forma di un leone, poiché nella stessa epoca indicata da Bauval e Gilbert il Sole primaverile sorgeva nel settore della costellazione zodiacale Leo. Tale allineamento astronomico, apparentemente accompagnato della costellazione antropomorfa Orione, dava inizio al Tempo cosmico dell’Olocene, calcolato e marcato in tal modo dagli Egizi. Fu solo in seguito, nella fase storica, che la testa leonina fu sostituita da quella del faraone che oggi vediamo.

Agli inizi del millennio l’ulteriore conferma della retrodatazione del megalitismo venne anche dalle scoperte di piramidi nel Kossovo, risalenti alla stessa epoca di 12.000 anni fa e anche del complesso megalitico di Göbekli Tepe, risalente al 9.500 a.C. Questa ultima data segna il momento che oggi è associato all’evento catastrofico della caduta di un meteorite che modificò l’assetto assiale della Terra, determinando il caos e un conseguente millennio di Glaciazione Breve.

Nella ricostruzione storica, fatta in base al paleo-clima determinato sia da eventi astronomici ciclici e sia da eventi casuali come l’impatto meteorico del 9.500 a.C, nell‘8.000 a.C ebbe termine quella mini-glaciazione e lo scioglimento di ghiacciai rese nuovamente inospitali molti territori. Le condizioni ambientali determinate da quei terreni alluvionati non furono più favorevoli alla vita e avvenne il deliberato abbandono anche di quel sito megalitico di Göbekli Tepe, un ingente monumento molto complesso, composto da oltre sedici circoli di pietra con all’interno megaliti astronomicamente orientati. Ancora oggi è in parte occultato sotto vasti cumuli di pietre e terra, solo in minima parte rimossi dagli archeologi.

 

La paleo astronomia

Già alla fine del XX secolo si era costituito un filone di ricerca internazionale di studiosi di varie discipline che tendeva a scardinare le conoscenze di coloro che ritenevano che la storia ufficiale dell’uomo potesse essere redatta solo con il supporto di documenti scritti.

In tal modo millenni rientranti in una lunghissima fase, durante la quale erano stati adottati per molteplici conoscenze i linguaggi non-scritti, veniva indicata globalmente come “preistoria” e attribuita a uomini incolti, la cui produzione materiale di strumenti litici e pittorici era ritenuta semplicemente orientata ad assicurarsi una buona caccia. Eppure, ugualmente necessaria alla sopravvivenza era l’osservazione delle condizioni ambientali, climatiche e astronomiche, e il loro costante monitoraggio per registrate i cicli propri della natura. Tale operazione era stata svolta per millenni, da generazione in generazione, e aveva composto un substrato di conoscenze astronomiche empiriche che poterono confluire poi, ma solo nel III millennio a.C, nei trattati di astronomia redatti da sumeri e babilonesi.

Tale filone di ricerca innovativa metteva in evidenza, alla fine del XX secolo e all’inizio del XXI, le competenze astronomiche degli antichi popoli che avevano costruito megaliti nel mondo. Si trattava, tuttavia, solo di un “fenomeno di ritorno”, poiché le prime conoscenze sugli orientamenti dei megaliti erano apparse già nel XVI-XVII secolo per merito delle intuizioni di amatori avveduti, i quali avevano incominciato a intravvedere l’esistenza di possibili collegamenti astronomici nei megaliti dell’Europa settentrionale e occidentale, nelle piramidi egizie e in altre costruzioni del Neolitico e dell’età del Bronzo. Gli studi in tal senso erano stati poi ripresi nel XIX secolo dal fisico britannico Sir Norman Lockyer ed altri, soprattutto viaggiatori dell’epoca, prima di riemergere clamorosamente nel 1960 con gli studi degli inglesi Michael Hoskin e Alexander Thom e dell’americano Gerald Hawkins. È doveroso registrare in tale filone innovativo anche le ricerche effettuate da studiosi salentini alla fine del XIX secolo e gli inizi del XX, come il Maggiulli e il Micalella e come Cosimo De Giorgi, che fu un grande conoscitore del territorio salentino, sia nella sua configurazione naturale, geologica, idrogeologica e atmosferica, e sia nella configurazione storico-antropologica. Egli, percorrendo l’intero Salento, anche a piedi, aveva recensito molti megaliti locali e ne aveva anche indicato le coordinate e gli orientamenti astronomici. Avendo i monumenti salentini caratteristiche di “megalitismo ridotto”, come quelli della Danimarca, aveva instaurato specifici scambi culturali con gli studiosi dell’argomento. (continua)

di Marisa Grande

 

Per approfondimenti:

Marisa Grande, L’orizzonte culturale del megalitismo, Besa- Nardò, 2008

Marisa Grande, Dai simboli universali alla scrittura, Besa- Nardò, 2010

Marisa Grande, La precaria armonia del cosmo, Besa- Nardò, 2012

Enrico Calzolari, Göbekli Tepé -tra elettromagnetismo e astronomia- Contributi di Emilio G. Spedicato, Marisa Grande, Antonio Ratti, Ed. WriteUp Site, Roma 2019

https://synergeticart.wordpress.com